Sembra semplice, davvero semplice e scontato: ci sono delle distorsioni su quello che pensiamo di noi e di quello che facciamo e dei risultati che otteniamo. È semplice pensare che possiamo avere dei problemi a giudicare noi stessi in modo obiettivo ma è altrettanto semplice pensare che il problema si potrebbe risolvere ricorrendo all’utilizzo del feedback fornito dagli altri.
Insomma basta chiedere, bastano poche, semplici domande e possiamo sapere come gli altri vedono e valutano il nostro operato in modo da poter effettuare le correzioni necessarie. Sembra semplice ma non lo è. Perché ottenere dei feedback dati bene, obiettivi, senza particolari elementi di giudizio è un problema che affligge le persone che si trovano in posizioni chiave nelle aziende.
È un problema che colpisce anche chi, come un medico, si trova ad operare con dei pazienti e avrebbe bisogno di sapere esattamente cosa questi ultimi pensano sul suo operato. Questo fenomeno accade per vari motivi, il principale è la sindrome della reticenza ossia un fenomeno che induce le persone, che si trovano in una posizione di inferiorità all’interno di un’azienda o di un rapporto in generale, a tacere alla persona in posizione superiore informazioni importanti sul suo comportamento, sul suo operato e sull’andamento dell’azienda stessa.
Tutto questo per evitare la collera del capo, per non mettersi in cattiva luce come portatore di cattive notizie o per non guastare il clima aziendale o, nel nostro caso specifico, per paura di rovinare il rapporto con chi ha in mano la nostra salute.
E noi, siamo sicuri di volere conoscere la versione integrale di questo giudizio? Le persone che desiderano crescere, cercano attivamente tanto il feedback positivo quanto quello negativo perché sono consapevoli che, per dare migliori prestazioni, devono poter disporre di uno spettro completo di informazioni piacevoli o spiacevoli che esse siano.