C’è un grande pericolo che rischiamo di correre in questo momento.
Il grande nemico in questo periodo è la voglia di fare finta che nulla sia successo. Comincio a sentire persone convinte che tutto sia finito e che ormai il virus sia scomparso e che sia un bene tornare alla normalità precedente alla pandemia.
Purtroppo non è così.
Il virus esiste ancora, è presente anche se indebolito, come tutti i virus nella popolazione, fa il suo lavoro, sopravvive e aspetta il momento migliore per ricominciare a replicarsi. Tuttavia non mi interessa scrivere l’ennesima considerazione pseudoscientifica sull’argomento. Non sono ovviamente un virologo e non voglio sostituirmi al lavoro di altri più titolati. Il mondo è cambiato e non possiamo nasconderlo. Scoprirsi deboli e indifesi di fronte a un pericolo mai così condiviso da tutti è stata un’esperienza che non può che rimanere scritta in modo indelebile nelle nostre coscienze. Certo possiamo nasconderlo perfino a noi stessi, ma sarebbe un errore.
La domanda semplice che voglio fare è: cosa ci guadagniamo a fare finta che nulla sia successo?
A questa domanda io ne aggiungo un’altra: cosa ci guadagniamo a pensare che tutto possa tornare come prima invece di pensare che tante cose possano essere cambiate, magari in meglio?
Può sembrare banale come esempio ma in questo periodo abbiamo scoperto che è una buonissima abitudine quella di lavarsi le mani, sempre, al rientro in casa, sul luogo di lavoro, dopo avere usato un mezzo pubblico, dopo essere stati in bagno, comunque più spesso possibile.
Lo fate ancora, siete consapevoli di questo? L’Amuchina è ancora un presidio medico così venduto da renderlo introvabile? Insegniamo questa pratica ai nostri figli?
In questo periodo abbiamo scoperto che ci sono persone magari anziane, deboli, malate, più fragili di altre e che andrebbero tutelate maggiormente, così come abbiamo scoperto che ci sono persone sane e in forma che lavorano e che il loro lavoro serve, attraverso le loro tasse, al mantenimento di tutta la vita della nostra comunità.
Abbiamo capito che il lavoro non solo è un diritto e un dovere ma che è una parte fondante della nostra società senza la quale, la società stessa muore.
In questo periodo in studio, una volta capita l’importanza del nostro lavoro, abbiamo deciso di non chiudere mai e di garantire sempre il nostro servizio e allo stesso tempo abbiamo dovuto fare una scelta impedendo che le persone più fragili dello studio continuassero a frequentarlo, favorendo il lavoro di chi era più adatto a svolgerlo e che si è impegnato di più anche per sostituire chi non poteva esserci.
Continua…