A volte commetto ancora l’errore di considerare la mia professione dal punto di vista della tecnica. È più forte di me. Ci ho messo tanto ad imparare, ad allenarmi, a sentire mio il modo di trattare la materia che costituisce la parte pratica della mia professione. Oggi sono sicuro che questo non basta.
Posso portare il livello della mia conoscenza sempre più in alto, aumentare con l’esercizio la mia abilità nel fare ma potrei correre il rischio di allontanarmi dalle persone alle quali dovrei essere più vicino. La connessione emotiva copre almeno il 50% della relazione tra me e i miei pazienti, a volte assume un’importanza fondamentale, in grado di mettere totalmente in secondo piano il resto della mia conoscenza.
Da qualche parte ho letto: “Gli altri non ricorderanno sempre quello che hai detto. Non ricorderanno sempre quello che hai fatto e come lo hai fatto. Ma ricorderanno sempre come li hai fatti sentire”. Dobbiamo stimolare le persone che ci stanno davanti (pazienti compresi) sul piano visuale “parlando” con la nostra faccia, le nostre espressioni. Dobbiamo stimolarli sul piano intellettuale facendo capire che sappiamo di cosa parliamo e lo viviamo in prima persona.
Dobbiamo stimolarli sul piano emotivo facendo percepire il nostro atteggiamento mettendo in campo le emozioni. A questo punto, qualora fosse ancora necessario aggiungere qualcosa, possiamo anche cominciare ad utilizzare le parole per descrivere ciò che stiamo facendo e ciò che faremo. In ogni caso dobbiamo capire che quello che diciamo è importante ma il modo in cui lo diciamo avrà un impatto determinante per il rapporto che si va a creare.
Tutto questo discorso mi fa pensare davvero che il campo in cui lavoriamo non sia quello dell’odontoiatria ma quello delle relazioni con le persone e che questo sia veramente il settore in cui mi piacerebbe avere un grande successo…